FRANCESCO DE CHIRICO
FRANCESCO DE CHIRICO è un photografer matrimonio e ritratto affascinato dalla fotografia da sempre. Il fascino di uno scatto. Le infinite possibilità creative. Le scene, i frammenti di vita, gli angoli più impensabili che puoi riprendere.
Di fatto, in essa c’è oggettività e soggettività. Ma ci sono cose che accadono e che impongono immobilità, staticità. Ti accorgi, di colpo, che tutto si ferma. Nel 2020 l’intero mondo globale si è fermato. E insieme a quella immobilità globale si sono rarefatte le possibilità, per un fotografo, di sondare campi svariati.
La pandemia ha innescato negli individui fragilità, ansia, paura. Un fotografo, al pari di ogni artista, è costretto a riporre, suo malgrado, i propri strumenti creativi. Ho iniziato a pensare che non fosse possibile arrestare il proprio percorso creativo e professionale. Dovevo pensare a qualcosa di diverso, di nuovo, di alternativo.
Così ho fatto di una idea solo astratta, un concetto di ripartenza. Innanzitutto, dovevo prendere consapevolezza che bisognava necessariamente riprendersi quel mondo affascinante. Tra i generi fotografici che meglio avrei sviluppato, avevo intravisto una nuova dimensione. Una nuova angolazione personale e particolare che avrebbe consentito di riprendersi il contatto umano che la stessa pandemia aveva compromesso.
Il contatto umano, lo studio fotografico, una sala di posa, le luci da studio, senza ricorrere a nuova attrezzatura: sarebbe stato sufficiente solo ricorrere a pochi accorgimenti per fare, di un ambiente nuovo, un luogo in cui fare ritratti fine art. Il ritratto; sì ho pensato a questo genere che mi consentirebbe di ritornare a una normalità.
Di fatto, il ritratto è un genere che richiede studi suppletivi molto profondi. Il ritratto non è soltanto un frame facciale immortalato con una macchina fotografica. Lo sfondo, le luci, i giochi di ombre, i volti, gli occhi, le espressioni dei soggetti e poi la stampa in studio. Ho accettato di rimettermi in gioco, di dare la possibilità a chiunque di ritornare “a vivere”, di stampare un ricordo, magari nascosto e sopito in una scheda di memoria. Se non stampi, non vedi e, soprattutto, non vivi. Non ricordo chi lo scriveva.
Molti ricordi svaniscono, scompaiono dentro un cellulare che dismettiamo, in una pendrive che resta incagliata nel fondo di una scrivania o altrove.
Tutto inizia e tutto finisce; non ci sarà pandemia che tenga a frenare la creatività. Ci sono cose che accadono che sono come domande, ma tutto rinasce, tutto si muove, tutto si modifica. E la fotografia, la mia fotografia, dovrà andare avanti. È il mio mondo, il senso delle cose che vedo.
La fotografia si è impadronita della mia vita e ha deciso per me. Per anni soltanto un urlo strozzato in gola, una passione dirompente, uno svago tra le quattro mura di una caserma romana. Ho provato ad immaginare la mia vita fuori da quelle mura spesse, ad ascoltarmi più volte ma il rumore era molto forte e il caos genera confusione, devi toccare inevitabilmente il fondo per cercare la luce tra le ombre e la fotografia è la sintesi della mia vita.
La sensibilità è un dono proprio come lo è una fotografia.
Puoi immaginarla, persino visualizzarla ma non sarà mai quella che ti aspettavi, a volte delude, altre meno, qualche volta esalta.
Ho deciso di seguire il mio cuore, di sfidare me stesso e di onorare ogni singolo matrimonio che fotografo.
Ho deciso di fotografare poche coppie ogni anno perchè nessun altro può sostituire me stesso, perchè nella mia fotografia c’è la mia vita, la mia storia, le mie fragilità e il mio amore.
La fotografia per me è rimasta quella di un tempo, una passione travolgente, un urlo che fa vibrare il mio cuore e la mia anima.